Agosto 2006, Monica (medico, gastroenterologo)

Nel suo diario di viaggio Monica, nostro medico gastroenterologo, racconta la sua Esperienza a Nanoro, nell’agosto 2006.

Gallerie fotografiche di Monica:

Nanoro – Il centro Medico

Nanoro – Il Villaggio

29/07/06

“Nanoro significa qua è bello: la leggenda vuole che le tribù che viaggiavano per queste terre quando arrivarono qua si innamorarono del posto e fecero nascere questo villaggio. Si arriva in un punto un po’ più alto che è davvero splendido: si vede l’infinità del paesaggio africano e tutta quella terra rossa meravigliosa.”

 

30/07/06

“Siamo andati alla festa per l’elezione del sindaco di Nanoro (che è il fratello più giovane del re…!). Un sacco di gente davvero, tutti agghindati a festa. Discorsi di autorità di Nanoro, di Ouaga e di associazioni, intervallate da animation, cioè gruppi che suonavano e ballavano, artisti locali, buffissimo! Ad un certo punto è apparso un cantante rasta, il divo del Burkina forse, era troppo buffo anche perché cantava palesemente in playback! Poi c’è stato il discorso del re (il naba) e poi la nomina del sindaco, della vice sindaco 1 e del vice sindaco 2 e poi di tutti i consiglieri! Padre Gilbert mi ha poi detto che l’unico problema è che ora hanno il sindaco ma non hanno un ufficio in cui metterlo! Alle 3 siamo passati a casa del re ( ha 26 mogli e 84 figli!!), un uomo di 84 anni, molto dotto e letterato, che parla bene il francese, e che oggi offriva il pranzo a casa sua per la festa.”

 

“Oggi ho chiesto come funziona il vitto all’ospedale: i malati e gli infermieri di guardia quel giorno hanno un buono pasto con cui è garantito un pasto al giorno, che viene preparato in cucina all’ospedale. Questo tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, in cui mi sembra di aver capito che il pasto lo hanno solo gli infermieri di guardia in medicina e chirurgia.”

 

31/07/06

“Oggi giornata più positiva. Sono più contenta perché intravedo un percorso da poter fare per imparare qualcosa e forse essere utile. Stamani sono stata al CREN, il centro per la nutrizione. E’ organizzato con delle camere per la degenza dei bambini e una cucina dove le mamme cucinano le pappe e passano gran parte della giornata, soprattutto la mattina, per pesare i bimbi, dar loro da mangiare e poi fare lezione su vari temi. E’ gestito da Suor Andreina, che parla italiano, per fortuna, e da Madame Awa. Sono arrivata alle 8.10 e tutte le mamme con i bambini, chi uno, chi due, erano con Mme Awa nella cucina che stavano iniziando a pesare i bambini: via via vengono pesati e viene segnato il peso, giorno per giorno, nel loro carnet de salut, dove c’è tutta la loro storia clinica. Dopo la pesatura le mamme danno loro da mangiare, io sono stata ad osservarle, i bimbi hanno paura e non prendono tanta confidenza con un colore di pelle diverso; solo uno era più spavaldo, mi sorrideva e addirittura abbiamo giocato e l’ho preso in collo. Lui è il fratellino di un bimbo malnutrito, operato da Gino per nefroblastoma, debilitato e con piaghe da decubito al sacro, sulla schiena e sulla testa da quanto è magro. Lui ha bisogno di tutte le attenzioni materne e l’altro quindi si arrabbia e gli da noia perciò Awa me lo ha dato perché lo distraessi.”

 

02/08/06

“[…] donna giovane 29 anni con grave scompenso cardiaco, epatomegalia, soffio mitralico 4-5/6, cardiomegalia (si vedeva pulsare l’itto della punta, si palpava!!! Quello famoso dei libri di semeiotica, da cercare nella palpazione cardiaca che da noi oramai non ha un senso, qui si palpava!).”

 

03/08/06

“Oggi sono arrivata in Africa, a Nanoro.

Dove la morte è un evento naturale che coinvolga un bimbo, un adulto o un anziano. Dove la vita ha tutt’altro valore. Dove è normale avere 10 figli, di cui 3 morti per le cause più varie. Dove è normale che un bambino di 12 anni abbia un tumore epatico primitivo mostruoso, mai visto da noi, in cui il fegato a palparlo arriva all’ombelicale traversa ed è duro come il legno. Dove è normale che i bimbi piccoli, anzi più piccoli sono meglio è, vengano mandati sui rami più alti di questi enormi alberi a cogliere frutti e cadendo si rompano milza, spalle, reni e vengano all’ospedale dopo più di una settimana.

Dove è normale che non ci sia un cavolo di medico in un benedetto reparto e dove un bimbo di 1 anno e mezzo in coma con la malaria stia in un letto sporco, pieno di mosche, con la schiuma e il sangue che gli escono dalla bocca, con i genitori che non hanno i mezzi per capire assolutamente nulla, con gli infermieri che fatta la visita questa mattina non fanno più nulla, ma nulla, fino alla mattina dopo, perché non c’è motivo di controllare più strettamente un malato, di fare una terapia nuova, di vedere il risultato di un esame che ho cercato di spiegare essere importante; perché fino alle 3 poi la farmacia è chiusa e una soluzione glucosata non c’è in ospedale, perché i cateteri per i bambini non ci sono, perché l’ossigeno è solo in chirurgia e la notte la chirurgia è chiusa a meno che non ci sia un’urgenza chirurgica, perché qui è così e oggi ho la sensazione che siano troppe le cose che si dovrebbero fare per cambiare qualcosa, troppi i soldi, troppa la volontà e che quindi sarà impossibile.

Se Madi, il bimbo di 1 anno e mezzo con la malaria e in coma ipoglicemico grave, vive sarà davvero il miracolo di San Camillo perché non è stato fatto praticamente nulla per lui. […]

Stanotte è morta un’altra bimba di malaria cerebrale: non c’è l’ossigeno, non c’è l’ECG, non c’è un bel nulla. Gli elettroliti disponibili sono solo il calcio e il magnesio. Le posologie dei farmaci gli infermieri non le sanno, io non lo so proprio quanto diuretico si può dare ad un bimbo che pesa 10 kg, e allora si gioca a fare il piccolo alchimista, non esiste un foglietto illustrativo, un libro o un benedetto medico di guardia che sappia qualcosa. E allora arriva il tuo buon senso e decidi tu una terapia, un cortisonico e un diuretico, un calcio al cerchio e uno alla botte, che da noi in reparto funziona con gli anziani scompensati o con chicchessia ma forse in un bimbo di 1 anno e mezzo che pesa 10 kg e che è in coma perché oggi nessuno ha controllato la sua glicemia non servono a nulla. Se da noi trovi una glicemia a 13 si mobilita il mondo; qua il padre aveva il suo foglietto con il risultato dell’esame in tasca, di cui non sapeva il significato, e l’infermiere aspettava domattina la visita per vederlo. L’ho chiesto giusto io perché ero preoccupata ma a che pro? L’unica glucosata che c’è è al 10%, troppo poco anche perché rischi di sovraccaricare di liquidi questa creatura per dargli abbastanza zucchero. Allora intanto gliela dai e poi prepari tu una sorta di soluzione con tanto zucchero e l’acqua del rubinetto e gliela dai tramite un sondino che gli hai infilato dopo aver aspirato di tutto da quel nasino e da quella bocca con un aspiratore abbandonato in un angolo sudicio di una stanza. E poi vorresti vedere la diuresi ma non ci sono cateteri per bambini e quando chiedi ti guardano come un extraterrestre. In tutto ciò forse capisci che davvero la cosa più naturale che quel bambino può fare è morire.

Ma perché? Non è giusto.

Ti chiedi a che pro affannarti tanto se poi non hai i mezzi per portare a termine una cosa.”

 

04/08/06

“Stanotte ho dormito malissimo, mi sono svegliata un sacco di volte e continuavo a pensare a quel piccirullo, se l’avrei trovato vivo o no. Alle 4 è iniziato un gran temporale, molto rumoroso e tra quello e i miei pensieri non ho riposato serenamente. A colazione Gino e Gianni l’hanno capito subito. Gino mi ha raccontato allora i suoi primi tempi qua, quando voleva scappare da questo sistema maledetto, come lo chiama lui; mi ha raccontato che era il periodo in cui c’era una epidemia di meningite e ogni giorno moriva un sacco di gente, prima un fratellino, poi un altro, poi la sorellina, poi la mamma. Lui faceva il giro in medicina e non poteva farci nulla. A un padre qua che gli diceva, vedi com’è bello qua, com’è bella la gente, come si sta bene? Lui diceva, ma sei pazzo?? Come fai a dire questo?? È terribile. Da casa sentiva i pianti dei bimbi. Tremendo. Poi ha iniziato a mettere su la chirurgia, ha iniziato ad operare un po’ e a vedere che poi loro stavano meglio, avevano una buona riuscita. Allora si è buttato in questo ed è riuscito ad andare avanti, non è più tornato in medicina a fare la visita.

Alle 7.50 Sono andata in visita e il bimbo è ancora lì, soporoso, risvegliabile, fa delle piccole convulsioni. Ieri sera con il lasix i genitori dicono che ha urinato tanto, tre volte, ma ora va nuovamente aspirato. Poi a fine visita, mentre mi preparavo ad andare ad aspirare il bimbo che nel frattempo faceva delle piccole crisi epilettiche, ho incontrato Gino che mi ha detto che aveva chiamato Chiara la pediatra che è al centro camilliano di Ouaga per dirgli che glielo trasferivamo! L’abbiamo aspirato, gli ho levato almeno 60 cc di succo biliare dallo stomaco e l’abbiamo caricato in macchina insieme ai genitori e con Gianni siamo partiti per Ouaga. Durante il viaggio ha iniziato a fare crisi epilettiche, rovesciando gli occhi e sbavando. Terribile vedere ciò in un bimbo così. Ci siamo fermati, gli ho fatto 5 mg di diazepam per via rettale ma lo deve aver assorbito poco anche perché poi ha fatto la cacca e ha così continuato a fare crisi ogni 10-15 minuti. Sono stata male tutto il viaggio. Avevo lo stomaco in gola, la nausea, terribile. Anche la madre si è sentita male per la macchina e ha vomitato. Finalmente siamo arrivati al San Camillo da Chiara. Il posto è molto carino. Gli hanno preso la saturazione, 96%, la glicemia 267, FC 122r, l’Hb tra 4 e 5 con le strisce colorate per misurare l’Hb senza prelievo vero e proprio. L’hanno pulito, fatto il diazepam ancora, messo l’ossigeno, ordinato la sacca di sangue. Non so se sopravviverà, ma se qualche speranza ce l’ha , ce l’ha lì a Ouaga e non certo qua a Nanoro. Questa cosa mi ha veramente provato. Ancora non avevo capito il dramma dell’Africa. Sono stata male fisicamente.

[…] Ho ancora in testa gli sguardi del babbo e della mamma di Madi quando aveva le crisi epilettiche o quando rantolava: mi guardavano con occhi che chiedevano qualcosa. Io non sapevo rispondere e non so cosa pensasse la mamma a vedermi correre qua e là per fare qualcosa per lui. Forse mi reputava scema. Magari appunto la morte è una cosa tanto naturale. Non lo so. E dal suo sguardo non l’ho capito. So solo che quando stava male mi guardavano e gli occhi aspettavano qualcosa da me.”

 

08/08/06

“A Nanoro non esiste la possibilità di avere dei farmaci per le emergenze, dei guanti a portata di mano o nulla del genere, tutto deve essere comprato. Ad esempio per mettere il catetere al bimbo, oggi Herman mi ha fatto un ordenance per il catetere e per il sacchetto da attaccarci che il padre del bimbo è andato a comprare in farmacia. Poi mancava il lubrificante e allora, dato che non si può far comprare un tubetto per usarne solo una goccia, abbiamo fatto col gentalyn che io avevo in tasca per medicare la pinzatura di un altro bimbo. Poi al posto della fisiologica per gonfiare il palloncino abbiamo usato l’acqua del rubinetto e per fortuna nel kit che avevano i parenti dei guanti c’erano sennò sarebbe stato un casino avere anche quelli. Questo sistema delle ordenance è infernale, non esistendo un sistema sanitario nazionale i malati si devono pagare tutto tranne le vaccinazioni per i bimbi e la terapia per l’HIV, che penso paghi l’OMS. Quindi quando tu vai al letto del malato e ti serve qualcosa per visitarlo, anche banalmente dei guanti, o lui li ha già nel kit o ti serve un infermiere che faccia l’ordenance e qualcuno che vada in farmacia a comprare, non considerando che la mattina in farmacia c’è la fila e non esiste il concetto di ordenance urgente, quindi anche se il malato sta facendo un edema polmonare, il parente deve fare la fila prima di portarti il lasix!! Gino si è arrabbiato tanto in questi anni, cercando di spingere per fare una sorta di carrello delle urgenze ma niente da fare, si va avanti con le ordenance!”

 

11/08/06

“Il centro medico di Ouaga devo dire che è molto ben organizzato: hanno cartelle cliniche sia di ambulatorio che di degenza, grafiche per le curve di crescita, le terapie, il trattamento TARV (cioè la HAART). Seguono tutti i bimbi HIV + , magari reclutandoli tramite le mamme che vengono a loro volta seguite da un altro medico. Ovviamente rispetto all’Italia le cose sono molto diverse, nel senso che i criteri soprattutto per giudicare la gravità di un bimbo devono essere differenti altrimenti ricovereresti l’intera popolazione, ma almeno hai un minimo di mezzi diagnostici, e un minimo di farmaci da poter gestire tranquillamente, cioè senza che ci sia prima bisogno di fare un ordenance!!!! Diciamo quindi che se pensi alla realtà italiana, o comunque ad una realtà desiderabile, anche lì ci sono tante pecche, ma se pensi a Nanoro, lì ti sembra un paradiso dove hai tutto per gestire i bimbi.”

 

12/08/06

“[…]Prima di cena ho dato a Tinto (il medico del distretto) i protocolli, quello della malaria fatto da Chiara, quello della diarrea che ho fatto oggi da alcuni dati che mi aveva dato Chiara. Ha detto che vorrà applicarli, ma poi la cosa importante è che serve un pediatra a Nanoro e dovremo cercare di averlo. Mi ha detto che il problema di dare ai bimbi le pasticche di chinino è che sono amarissime, in francese per dire che una cosa è tanto amara si dice che è come il chinino…si va di nulla. Il problema dell’Africa è la resistenza del plasmodio alla clorochina, perché questa sarebbe un farmaco meno caro, più maneggevole, con meno effetti collaterali.”

 

16/08/06

“[…] È difficile comunicare con queste mamme, cercare di far capire qualcosa, è difficile quando bisogna combattere con l’ignoranza. Tu non puoi farci nulla e non puoi arrabbiarti o farne una colpa a loro, è solo un problema di estrema ignoranza. Loro pensano di fare bene, ragionano semplicemente: il bimbo vomita, non gli do cibo, se provo a darlo contro la sua volontà piange e si arrabbia mentre se lo lascio in pace facendogli fare ciò che vuole è tranquillo e quindi va meglio.”

 

17/08/06

“[…] Poi fanno entrare una bimba in collo alla mamma, mi dicono di rimanere. È mostruosa, non ho mai visto niente del genere. Le due labbra sono gonfie, edematose e il terzo destro della bocca non esiste più, è caduto, c’è un buco necrotico che puzza da morire e fa spavento, come se ci fosse caduto sopra dell’acido muriatico. La bimba piange ma sembra più per la paura che ha di me e della visita che per il dolore che mi sembra debba farle quello sfacelo là. Dico che la devono vedere in chirurgia, io non so che cavolo fare. Le accompagno in chirurgia e fuori trovo il chirurgo maxillofaciale che mi dice che è il Noma, una malattia infettiva […] che viene ai bimbi per lo scarso igiene della bocca, l’immunodepressione, la malnutrizione, e che se trattato subito con antibiotici guarisce altrimenti, se trascurato, come in questo caso in cui i genitori l’hanno “curata” per una settimana con medicine tradizionali (lo stregone..) va in necrosi poi si forma la gangrena e quando il pezzo cade il quadro è questo. Ora va solo fatta la terapia antibiotica di sostegno, rimpolpata la bimba e fatta una plastica di ricostruzione per cui la inviamo alla odontostomatologia di Ouaga. Dice che i casi qua sono tanti, può prendere varie parti della faccia, occhio, orecchie, guance, è mostruoso. C’è stata una simil-campagna di sensibilizzazione ma è servita a poco perché la gente continua a rivolgersi prima allo stregone. Io continuo a ripetere solo “Com’è possibile? Come si fa?” non ho altre parole. Sono basita, sconvolta.

[…] Il chirurgo maxillo ci dice che in Burkina si laureano più o meno 35-40 medici all’anno: ci sono 7 anestesisti, 3 chirurghi maxillo, 30 ginecologi, un ematologo, un reumatologo, in tutto il Burkina!!! Le specialità che ci sono qua sono chirurgia, medicina interna, ginecologia, pediatria e ora psichiatria.”

 

26/08/06

“[…] Arrivo alle 8.30 alla clinica De La Pax, mi aspetta Solange che mi porta dal marito, Soter Ouedrago, gastroenterologo. Lavora nella clinica che è privata e fa attività di ambulatorio, reparto e, tre giorni a settimana, endoscopia. Oggi ha la seduta endoscopica. Entriamo nella stanza dell’endoscopia che è piccola, la porta è buffa, sembra quella di una sala d’incisione, isolante. Lui è un omino piccolo e magrolino, buffo. Lavora insieme ad un infermiere. Mi dice che oggi ci sono solo gastroscopie. Hanno la colonna della Pentax, nuova e un endoscopio come i nostri. Ne hanno solo uno però e non hanno la lavatrice quindi il lavaggio consiste nell’immergere consecutivamente lo strumento in 4 bacinelle con dei saponi e dei disinfettanti. Devo dire che non mi da la sensazione di un lavaggio accurato e sicuro ma penso che prima delle lavatrici anche in Italia si facesse così.”

Agosto 2006, Monica (medico, gastroenterologo)
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